Tu parti, io Party!
Mio padre ha 92 anni e, con la sua moglie svedese, trascorre le sue estati in un boschetto in riva al mare, nella Svezia del sud, dove hanno costruito una adorabile casetta in legno nel mezzo del nulla. Ogni anno, all'inizio dell' estate, siamo praticamente obbligati ad andarli a trovare per una settimana, con tutta la famiglia. Questa usanza fa felici i nonni, che vedono i nipotini, e i nipotini, che giocano a pallone, vedono gli scoiattoli, e mangiano tutte le schifezze che noi di solito evitiamo.
Tutti felici, tranne Grace. La quale, donna del sud, non sopporta di essere al mare in un posto dove fa un freddo cane, non sopporta di essere in un boschetto lontano da ogni forma di vita sociale, e non sopporta di dover fare le valigie, in giugno, con dentro le giacche a vento e le cose da inverno. Pero' le tocca, percio', per tutti i sei mesi successivi mi fa pesare di essersi sacrificata ad andarci, e per i sei mesi precedenti mi rinfaccia che si sacrifichera' un'altra volta l'anno dopo. Un anno intero di rinfacci per pochi giorni di trasferta.
Ed eccoci a due giorni prima della partenza, prevista per il 9 Giugno. Tutto organizzato, valigie, biglietti aerei, tutto. Vado al concerto di Springsteen al Forum, e mentre aspetto che cominci suona il telefono. E' Grace. "Alessandro ha 39 di febbre". Va be', passera', penso io. Ma da quel momento in poi nella mente di Grace scatta un forsennato re-scheduling. La mattina dopo, in sequenza veloce, visita dal dottore e all' agenzia di viaggi, e in breve la diagnosi: "Non si puo' far partire il bambino in queste condizioni".
E allora che facciamo? Mio padre ci rimarra' troppo male. La soluzione di Grace e' gia' pronta, e secondo me era gia' pronta dalla prima febbre di Alessandro, e forse ancor prima della febbre.
"Parti tu con Enrico. Io resto qui".
Lasciamo perdere che la mattina della partenza la febbre di Alessandro era passata ("Ma senti che linfonodi gonfi, che ha!") e che tutto sommato un viaggio da solo con il mio figlio piu' grande mi fa piacere farlo, per la prima volta. Quello che non sapete, cari amici, e' che mentre io ed Enrico giocavamo a pallone, guardavamo gli scoiattoli, e mangiavamo schifezze nel silente boschetto svedese, Grace, sabato sera, esordiva a sorpresa come dj nella glittering nightlife milanese.
Dopo una provvidenziale visita dal parrucchiere piu' caro della citta', e mollato il piccolo Alessandro, perfettamente in forma, nella mani della baby sitter, Grace saliva infatti alla consolle del "360", nella trendissima Via Tortona, suonando i miei dischi di They Might Be Giants, Siouxsie and the Banshees, Spandau Ballet, Black Eyed Peas, J-Lo e Nelly, naturalmente senza rimetterli poi nelle copertine giuste.
Tutto cio' mentre nel boschetto svedese, riparati nella casetta da una pioggia insistente, leggevo ad Enrico pagine dal libro "Lettera a mio figlio sul calcio" di Darwin Pastorin, ed il caro suocero diceva sconsolato: "Povera Grace, costretta a stare a Milano ad assistere il mio nipotino malato, invece di essere qui con noi in questo posto cosi' bello".
5 Comments:
la precisazione «senza poi rimetterle nelle copertine giuste» ha dato un brivido di orrore anche a me, già solo a leggerla. Ti sono vicino, Cifra.
Baideuei, dj Grace e' un'idea a piatto unico m-o-d.biz.
no. le copertine alla cazzo no. dundio!
Cifra, siamo tutti con te ...
Meglio la Svezia che Milano, questo è certo!
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